RADICI E TERMINAZIONI GRAMMATICALI:
-O, -A, -I, -AS, -J, -E
Vediamo alcune parole esperanto come si trovano nel vocabolario:
hom-o uomo, essere umano, persona
dom-o casa
infan-o bambino arb-o albero
patr-o padre urb-o città
hund-o cane religi-o religione
kat-o gatto teori-o teoria
Notiamo che ciascuna parola è formata da due elementi: una “radice” («hom-, infan-, patr-, hund-»
ecc.) e una finale, che in questo caso è sempre -o. Le parole sopra riportate indicano persone, animali, cose concrete o astratte, cioè sono tutte, con termine grammaticale, “sostantivi”. Questa caratteristica comune è messa in evidenza dalla finale -o, che è appunto la desinenza dei sostantivi.
Vediamo un altro gruppo di parole:
jun-a giovane sankt-a santo
bon-a buono vast-a vasto
alt-a alto spert-a esperto
verd-a verde lert-a abile
util-a utile facil-a facile
Tutte queste parole indicano qualità, caratteristiche, attributi riferiti a un qualche sostantivo. Esse sono “aggettivi”. E tutte hanno la desinenza -a, che è appunto la desinenza degli aggettivi.
Infine osserviamo un terzo gruppo:
est-i essere kresk-i crescere
hav-i avere mangh-i mangiare
far-i fare trink-i bere
dir-i dire boj-i abbaiare
parol-i parlare pov-i potere
Questo gruppo è formato da parole che indicano azione o stato, cioè da “verbi”. La finale -i è appunto caratteristica dei verbi al modo infinito; corrisponde quindi alle desinenze -are, -ere, -ire dei verbi italiani. Quando il verbo indica un’azione reale attuale, cioè è al presente indicativo, la finale diventa -as, senza variazioni. Es:
esti essere; mi estas Karlo io sono Carlo.
Si noti che “esti” significa anche “esserci”. Es.: «en la ghardeno estas multaj verdaj arboj» nel giardino ci sono molti alberi verdi.
Le “radici” sono elementi della parola (monemi), che non possono mai trovarsi da soli, ma hanno sempre bisogno di essere completati da una “finale grammaticale”. Precisiamo che il trattino è riportato negli esempi a solo scopo esplicativo, normalmente non si scrive, naturalmente.
Una radice contiene già in sé, per il suo significato, il suo carattere grammaticale (di sostantivo, di aggettivo o di verbo) e questo carattere è indicato, nel vocabolario, dal fatto che tale radice è completata da una determinata desinenza (rispettivamente -o, -a, -i). Tale desinenza può essere mutata per formare altre parole derivate dalla stessa radice, come ora vedremo.
* * *
La parola «la» è invece una “parola autonoma”, non una radice, cioè è una parola che sta da sé, senza bisogno di aggiunte: LA è l’articolo determinativo (unico, mentre in italiano ce ne sono sei: il, lo, la, i, gli, le). L’articolo indeterminativo (un, uno, una) in esperanto non esiste:
«homo parolas» un uomo parla. Altre “parole autonome” sono, per esempio:
– le congiunzioni coordinanti «kaj» (e), «aû» (o, oppure):
patro kaj filo padre e figlio
hundo kaj kato cane e gatto
aû mi aû li o io o lui
– le congiunzioni subordinanti, come:
KE: «Petro diras, ke la mangho estas preta» Pietro dice che il mangiare è pronto;
SE: «se vi ne volas veni, vi povas resti hejme» se non vuoi venire, puoi restare a casa;
– le preposizioni (come: DE, KUN, PER, POR ecc.)
– gli avverbi non derivati (vedi dopo)
– le interiezioni, ecc.
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Abbiamo visto le finali «-o, -a, -i».
Consideriamo ora la finale -j, che però si aggiunge, non alla radice, ma alle vocali finali del sostantivo e dell’aggettivo, per indicare il plurale:
«alt-a-j dom-o-j = altaj domoj» (alte case).
ATTENZIONE ALL’ACCENTO TONICO! L’aggiunta della «j» finale non cambia l’accento tonico, perché j non è una vocale, ma una semivocale.
Perciò: «Altaj dOmoj, grAndaj Urboj»
e NON: «altAj domOj, grandAj urbOj».
Se da un aggettivo cambiamo la -a finale in -e abbiamo il corrispondente avverbio:
jun-e in modo giovanile sankt-e santamente
bon-e bene spert-e in modo esperto
verd-e in color verde lert-e abilmente
util-e utilmente facil-e facilmente
In esperanto l’avverbio si usa molto più frequentemente che in italiano. Si notino espressioni come:
dome (= en la domo) in casa
hejme a casa propria
matene di mattino
morgaû matene domani mattina
somere d’estate vintre d’inverno
senpage (= sen.pag.e) senza pagare, gratis
hodiaû vespere stasera (letteralmente: oggi di sera)
paroli itale, angle, france, esperante
parlare italiano, inglese, francese, esperanto.
Si noti che anche dalle radici dei sostantivi si possono formare aggettivi, aggiungendo alla radice la finale -a, oppure avverbi, aggiungendo -e:
hom-a umano hom-e umanamente
infan-a infantile infan-e in modo infantile
patr-a paterno patr-e paternamente
hund-a canino hund-e da cane, caninamente
kat-a gattesco, felino
kat-e da gatto, felinamente
kataj pashoj passi da gatto, passi felini
kate pashi camminare come un gatto
dom-a casalingo, domestico dom-e in casa
Karlo estas dome Carlo è in casa
urb-a cittadino
urbaj domoj case di città
teori-a teorico teori-e teoricamente.
Se partiamo da un aggettivo e al posto di -a mettiamo -o, abbiamo un sostantivo che indica il concetto astratto espresso dall’aggettivo stesso:
la belo, la bono kaj la vero
il bello, il bene e il vero.
Aggiungendo invece alla radice di un aggettivo la finale -i, abbiamo un verbo che vuol dire “essere, apparire o dare l’impressione espressa dall’aggettivo”:
verd-i verdeggiare, dare un’impressione di verde
neces-i essere necessario
util-i essere utile
Dalla radice di un verbo con l’aggiunta della -o otteniamo il sostantivo che indica l’azione stessa o il risultato concreto dell’azione espressa dal verbo:
paroli parlare la parolo il parlare, la parola (non nel senso di “vocabolo”, che si dice «vorto»); laûdi lodare laûdo lode
vivi vivere vivo vita
manghi mangiare mangho pasto
ami amare amo amore
ama amorevole ame amorevolmente
kuri correre kuro corsa
kura della corsa kure di corsa
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Abbiamo visto che la terminazione grammaticale -e serve a formare gli “avverbi” derivati. Come l’aggettivo qualifica il nome, così l’avverbio qualifica il verbo:
bona vivo buona vita
bone vivi vivere bene
rapida kuro corsa veloce
rapide kuri correre velocemente
facila parolo parola facile
facile paroli parlare con facilità
Questa corrispondenza:
<L’AGGETTIVO verbo al sta l?avverbio come sostantivo
è osservata, in esperanto, rigorosamente, anche quando non lo è in italiano. Noi diciamo infatti:
“il lavoro è necessario” e anche “lavorare è necessario”;
in esperanto invece si dice rispettivamente:
«laboro estas necesa» e «labori estas necese»;
cioè, quando un aggettivo si riferisce a un verbo all’infinito, in esperanto prende la forma dell’avverbio. Lo stesso avviene quando l’aggettivo si riferisce a un’intera frase:
Ne estas vere, ke li bone parolas germane
Non è vero che egli parli bene tedesco;
oppure quando la frase è “impersonale”, cioè senza soggetto:
estas frue è presto; estas varme fa caldo.
Esistono anche avverbi “non derivati”: si tratta cioè di “parole autonome” con funzione di avverbio. Es.:
tre assai, molto
tre bona molto buono, buonissimo; tro troppo
tro rapide troppo velocemente;
tro multe troppo, in quantità eccessiva
morgaû domani; hieraû ieri; hodiaû oggi;
baldaû presto, fra poco tempo.
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SUFFISSI
I “suffissi” sono elementi della parola (monemi; in esperanto: «vortelementoj») che si mettono dopo una radice per modificarne il senso. Essi hanno un significato preciso, che conservano anche se usati come parole a sé. Ogni suffisso ha un suo carattere grammaticale. Vediamone ora alcuni, tutti con carattere di sostantivo:
-in-o indica il femminile di persone o animali:
patro padre patrino madre
viro uomo adulto, maschio virino donna
frato fratello fratino sorella
avo nonno avino nonna
kuzo cugino kuzino cugina
onklo zio onklino zia
edzo marito edzino moglie
fiancho fidanzato fianchino fidanzata
regho re reghino regina
bovo bue bovino mucca
chevalo cavallo chevalino cavalla
ino femmina:
leonino estas ino de leono la leonessa è la femmina del leone
-id-o indica il piccolo di un animale oppure il figlio o il discendente di una persona:
reghido principe reale
Izraelidoj Israeliti
chevalido puledro
bovido vitello
hundido cucciolo (di cane)
kokido pollo «la bestoj kun la inoj kaj la idoj» gli animali con le femmine e i piccoli.
-ajh-o indica cosa concreta:
belajho bellezza, cosa bella;
novajho novità;
trinkajho bevanda, cosa da bere;
mangajho cibo, cosa da mangiare;
la belajhoj de la urbo le bellezze della città
la lastaj novajhoj le ultime novità
ne estas novajho, ke nova ajho plachas
non è una novità che una cosa nuova piace
-ec-o indica qualità astratta:
boneco bontà
beleco bellezza
longeco lunghezza
senlaboreco disoccupazione (sen = senza; senlabora = disoccupato);
virino de granda beleco una donna di grande bellezza
multaj bonaj ecoj molte buone qualità.
PREFISSI
I prefissi sono elementi della parola (monemi) che si applicano prima di una radice, per mutarne il senso. Vediamone alcuni:
mal- indica il contrario:
mal-alt-a = malalta basso
mal-bon-a = malbona cattivo
mal-am-i = malami odiare
mallaûdi biasimare
malutila nocivo, dannoso; ne-util-a = neutila inutile
malvasta ristretto, angusto
malfacila difficile
maljuna vecchio (di età), anziano
malnova vecchio (= non recente, non nuovo)
Come radice a sé: mal-a = mala contrario, opposto
la mala signifo il significato contrario
malbono estas malo de bono
il male è il contrario del bene
male al contrario, contrariamente
ge- indica che si tratta di persone (o anche di animali) dei due sessi insieme:
patro kaj patrino estas gepatroj il padre e la madre sono i genitori
gefratoj fratello e sorella oppure fratelli e sorelle
la geavoj i nonni (il nonno e la nonna)
la gefianchoj i fidanzati (“I promessi sposi”)
la geleonoj la coppia di leoni.
NOTA: In origine il prefisso ge- si usava solamente per indicare una coppia, o un gruppo legato da parentela, di persone dei due sessi: «gesinjoroj Rossi» il signor Rossi e signora. Ora è frequente l’uso anche per rivolgersi a persone al plurale, per far notare che non si fa distinzione di sessi. Per rivolgersi a un uditorio, una volta si diceva «estimataj sinjorinoj kaj sinjoroj»; ora si dice di frequente «estimataj gesinjoroj» (stimati signori e signore).
bo- indica parentela acquisita per matrimonio:
bofrato cognato; bofratino cognata
bofilo genero; bofilino nuora
bopatro suocero bopatrino suocera
miaj bogepatroj i miei suoceri
boonklo zio acquisito.
Contenuto estratto nel 1999 da www.esperanto.it